Monte Cagno

Un anello tra colori autunnali, panorami vasti e antichissime "orme" del passato.

Le "tracce" dei dinosauri sui nostri sentieri.


Dopo averne letto qualche breve descrizione nel web decido di andare a visitare questo sito in quota dove si possono osservare orme di “dinosauri” depositate milioni di anni fa e tornate alla luce a seguito di una frana in un tratto piuttosto verticale del versante nord del Monte Cagno. Per rendere l’escursione più varia e vivere l’attimo magico dell’alba mi organizzo per avviarmi lungo il sentiero #10 che è ancora buio: un comodo stradello carrozzabile per circa due chilometri che si insinua nella valle compresa tra i contrafforti meridionali del Monte Cagno e la Serralunga che incombe sulla sinistra. Terminato il primo tratto con fondo ben tenuto la strada entra nel bosco e diviene una brecciata a tratti dissestata che, con alcune svolte e pendenza ora più sostenuta, conduce ad una prima radura a cui segue la più ampia prateria della sella di Forca Miccia compresa tra il ripido spigolo che porta alla cima della Serralunga da un lato e gli avamposti più tondeggianti del Monte Cefalone dall’altro; dalla sella vale la pena deviare e precorrere una breve traccia che si stacca sulla sinistra della strada ed in un momento porta ad un bell’affaccio su Campo Felice con visuale sulla corona di cime che chiudono a sud-est la piana. Tornati alla palina segnavia si prende il marcato sentiero che punta a nord (prosecuzione del #10) che prende rapidamente quota entrando in una macchia che si supera in breve per entrare nell’ampia conca di Canavine: un vasto altopiano carsico che si sviluppa attorno ai 1900 metri compreso tra la dorsale Cagno-Ocre ad est e la lunga mole del Monte Cefalone ad ovest, un luogo non tanto frequentato che nella bella stagione pullula di animali al pascolo e d’inverno diviene una immensa distesa bianca, di norma incontaminata. Proseguendo il sentiero si attraverserebbe l’intero altopiano fino alla caratteristica Sella Settacque da cui si può salire alla cima dell’Ocre, per volgere invece verso il Monte Cagno si lascia il sentiero dopo un breve tratto in lieve discesa che immette nella piana e, giunti ad un ometto, ci si porta sulla evidente dorsale che sale con modesta pendenza verso est ed in breve, procedendo a vista, si giunge a dei pianori che si attraversano dirigendosi verso la linea della cresta che unisce la cima del monte Cagno con quella dell’Ocre. Prima ancora di raggiungere la parte più alta della dorsale già si notano ad ovest li croci di vetta, inizialmente quella più modesta che volge verso la piana dell’Aquila e subito dopo quella più importante rivolta in direzione dell’altopiano delle Rocche; puntando ora direttamente in direzione dei simboli di vetta si raggiunge in breve la cima del Monte Cagno alla discreta quota di 2.153 metri: dalla vetta i panorami sono ampi in ogni direzione e non mancano affacci vertiginosi sulle pareti ed i profondi canaloni che caratterizzano l’intero versante nord della montagna che qui si presenta pressoché verticale. Per avvicinarsi al “sito” con le grandi impronte si inizia a percorrere il sentiero #9 che a sud si dirige in direzione di Rocca di Cambio, dopo una prima lieve depressione subito sotto la vetta si supera una piatta altura e si torna a camminare in discesa sul limitare del costone con un percorso reso avvincente dal continuo susseguirsi di strapiombi sulla nostra sinistra; giunti alla quota di poco inferiore ai duemila metri si lascia il sentiero e si scende sulla verticale per un centinaio di metri fino ad individuare un canale ripido d’erba e sassi, ma comunque ben percorribile, che fiancheggia la “preistorica lavagna” che appare bianchissima sulla nostra destra. Una volta giunti presso il sito non rimane che spostarsi sulla stretta cengia che è alla base del vasto lastrone di pietra in cui sono impresse le impronte disseminate lungo più direttrici e che effettivamente risultano più “decifrabili” se osservate da differenti angolazioni; purtroppo data la posizione e la verticalità del luogo non è però possibile una visuale frontale che probabilmente renderebbe ancor meglio l’idea dell’intero complesso. Dopo aver fotografato l’ambiente in ogni modo e maniera (confidando così di avere materiale sufficiente per fare a casa una rilettura più particolareggiata del bianco lastrone e della storia che vi è stata impressa), è possibile recuperare il sentiero di cresta tornando sui propri passi in ripida salita oppure traversando mantenendosi iso-quota lungo i ripidi prati fino a ritrovarsi sul sentiero nei pressi di un ben visibile ometto di pietre; una volta ripreso il crinale si prosegue abbassandosi ancora di quota con panorami sempre molto belli verso l’altopiano delle Rocche e le sue montagne.